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Putech & Put’chér DESALEO
OLEIFICI - FRANTOIANI
L’ulivo e ciò che si ricava dai suoi frutti, l’olio extravergine d’oliva,
sono sicuramente uno dei maggiori simboli della mediterraneità. Esistono,
infatti, un gran numero di documenti storici, religiosi e “folkloristici” (legati,
ad esempio, a tradizioni, miti e leggende) che ne certificano la presenza
sul territorio dell’Europa del sud e nel Medio Oriente, dei paesi affacciati
sul mare nostrum degli antichi romani, già più di 1500 anni prima della
nascita di Cristo. A quel periodo, infatti, risalgono alcune tavolette ritrovate
dagli studiosi nel palazzo dell’impero Babilonese, che testimoniano già la
presenza di veri e propri inventari per razionare l’olio d’oliva da
distribuire ad ogni suddito. Successivamente la coltivazione
dell’ulivo passò dall’Asia Minore alle isole del Mediterraneo, quindi in
Grecia. Ricercatori e archeologi hanno infatti raccolto noccioli d’oliva sia
nelle case nelle tombe di Micene che negli scavi del palazzo di Tirino. Per
non parlare delle numerose “presenze” nell’Iliade e nell’Odissea, tra eroi e
mitologie. È grazie alla Magna Grecia, che si estendeva come tutti
sappiamo fino al sud della nostra penisola, che
la coltivazione e produzione dell’olio d’oliva arrivò in Italia.
Nei secoli successivi, Etruschi e Antichi Romani assimilarono le tecniche
di coltivazione e lavorazione delle olive, costruendo i primi sistemi
meccanici per la produzione dell’olio extravergine d’oliva. Gli autori
contemporanei di quell’epoca, nei loro scritti, descrivono con grande
dettaglio le macchine impiegate per la torchiatura delle olive. Dettagli
che sono stati successivamente confermati dalle scoperte archeologiche
degli ultimi secoli. Similmente ai frantoi più moderni, la preparazione
dell’olio extravergine d’oliva consisteva nello schiacciare i frutti con
una mola somigliante a quella granaria, costituita quindi da due pietre
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