Page 59 - Puteche e Put'cher Libro
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Putech & Put’chér DESALEO
erano già state usate. Le olive venivano scaricate nell’apposita macina
dove due grosse ruote di pietra giravano
e le rendevano una poltiglia,
successivamente questa poltiglia veniva
prelevata con un apposito macchinario e
veniva deposta su degli appositi frisc’l
che fungevano da diaframma filtranti.
Ogni 3 strati di fiscoli si disponeva uno di ferro e così via fino al
riempimento del contenitore, dopodiché questo veniva immesso su una
apposita pressa che con un pistone idraulico spingeva i diaframmi verso
l’alto e contro l’altra parete fissa del torchio in modo che con la pressione
esercitata l’olio fuoriuscisse dalla pasta e veniva convogliato in apposti
contenitori dove, successivamente veniva filtrato dalla sua acqua. La pasta
che avanzava da questo processo (chiamata sansa) veniva poi inviata ad
apposite ditte che ne traevano altro olio (non più extravergine) chiamato
“olio d’oliva”. Questo processo durava dal mese di ottobre e fino alla fine
di febbraio. Durante la molitura era usanza che le
persone che dovevano molire in quella giornata, stavano
presenti per tutto il ciclo della lavorazione fino alla
raccolta del proprio olio negli appositi contenitori in
alluminio e/o acciaio inox, per essere conservati in casa.
Alla fuoriuscita del primo olio dal separatore dell’acqua, il padrone dell’olio,
lo assaggiava su un pezzo di pane, abbrustolito nel cammino, rendendosi
conto dell’acidità del l’olio. Ora con la meccanizzazione odierna questi
vecchi metodi di lavorazione sono stati sorpassati dalla nuova
industrializzazione dove le macchine automatiche provvedono a tutte le
fasi di lavorazione senza alcun intervento di operai.
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