SPECIALE HALLOWEEN
Si avvicina la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre e mentre i bambini si preparano a celebrare Halloween bussando alle porte in cerca di dolcetti, i più grandicelli ricordano le usanze e le leggende che ai loro tempi erano legate alla festa dei morti. Era credenza diffusa che in quella notte i defunti facessero ritorno nelle rispettive abitazioni, dove i parenti avevano cura di lasciare la tavola apparecchiata con tutto ciò che si aveva in casa, prima di dirigersi in processione verso la chiesa in cui veniva celebrato un rito in loro onore. Si dice anche che era anche possibile assistere al passaggio dei morti, ma bisognava essere particolarmente coraggiosi e adottare certi accorgimenti se non si voleva rischiare la propria pelle. Quando un compagno di classe delle elementari mi riportò la storia che i suoi nonni gli avevano raccontato sulla notte del 31 ottobre, faticai a prendere sonno per una buona settimana e immagino che lo stesso sia accaduto a molti altri bambini. Racconti del genere sono molto suggestivi e ricchi di fascino e di storia popolare, una storia che è strettamente connessa al culto contadino della morte e che presenta radici molto ampie. Infatti il panorama folcloristico medievale dell’Europa contadina è costellato di antiche tradizioni e racconti orali riguardanti il ritorno dei morti sulla terra. Alle origini di queste leggende vi era sicuramente il rapporto simbiotico che un tempo esisteva tra il mondo dei vivi e quello dei defunti e che veniva celebrato attraverso diversi riti. Tra questi il Samhain, antica festività celtica che i romani importarono nel loro impero: questo rituale pagano, praticato tra il 31 ottobre ed il 1 novembre, in concomitanza con la migrazione stagionale delle greggi, rendeva possibile la comunicazione coi defunti, cui era permesso di far ritorno presso le proprie abitazioni. Non solo: ai morti si chiedeva di intercedere presso le divinità ctonie per ottenere la protezione del bestiame e migliorare la fertilità dei campi. La persistenza di riti pagani e di credenze sulle anime dei morti pose non pochi problemi alla Chiesa cattolica che, una volta istituita, dovette far fronte a culti fortemente radicati e pertanto difficili da estirpare. Se da un lato la Chiesa cristianizzò alcuni riti pagani, sovrapponendo ad esempio al culto del Samhain la festa di Ognissanti (840) e la commemorazione dei morti (998), dall’altro tentò di dare una spiegazione alle leggende sulle apparizioni dei defunti. Consultando le opere di autorevoli filosofi cristiani, si arrivò alla conclusione che i morti si manifestano ai vivi per concessione divina per chiedere sepoltura o suffragi in loro nome; per legittimare questa teoria e dare una collocazione alle anime inquiete fu istituito il Purgatorio (1274), un terzo regno ultraterreno in cui gli spiriti si purificano dai propri peccati prima di passare in Paradiso. Negli anni in cui veniva istituita questa nuova creazione liturgica erano sempre più frequenti le testimonianze scritte del passaggio sulla terra di veri e propri exercitus mortuorum, testimonianze provenienti il più delle volte dagli stessi ministri della Chiesa. Uno fra tutti il monaco inglese Orderic Vitalis, che nella sua Historiae ecclesiasticae (1114-1141) descrive l’avventura di un giovane sacerdote che nella notte del 1 gennaio 1091, di ritorno da una visita ad un malato agli estremi confini della sua parrocchia, vide sfilare davanti a sé una moltitudine di donne e uomini, cavalieri e vescovi che lui sapeva essere morti da tempo, accompagnati da orribili demoni punitori. Documenti come questo rientrano chiaramente nel tentativo della Chiesa di cristianizzare riti e credenze pagane, come dimostrano la morale edificante dei racconti, che terminano spesso con l’esortazione al lettore a vivere piamente per non subire simili pene dopo la morte, e la demonizzazione degli spiriti e delle creature che animano tali cortei, descritti come esseri pericolosi per chiunque assista al loro passaggio. Nulla di più lontano dai racconti orali della tradizione contadina, in cui i defunti sono esseri benevoli e la morte era vista come parte naturalmente integrante del ciclo vitale. Il testo di Orderic Vitalis e altri documenti della letteratura latina e volgare che costituiscono, insieme al groviglio di favole e racconti orali, il mito letterario della cosiddetta caccia selvaggia, oggetto di studi scrupolosi nel nord Europa, presentano dettagli che li rendono molto simili alla versione sanpaolese della leggenda: ad esempio il fatto che i defunti sfilassero divisi in gruppi (bambini, donne, morti di morte violenta, …) e che assistere al loro passaggio fosse un pericolo per l’incolumità dello spettatore. Analogie affascinanti che la dicono lunga sulla circolazione di antichissime leggende e racconti popolari che nei secoli hanno camminato sulle gambe degli uomini, mescolandosi e radicandosi nelle campagne in barba ai tentativi più o meno riusciti di cristianizzazione e all’usura del tempo.
a cura di Valentina Venditti