La solitudine di Claretta
L’estate sta finendo e un anno se ne va… faceva il ritornello di un tormentone di alcuni anni fa. È dunque tempo di fare qualche bilancio. I forestieri, come li chiamava mia nonna, hanno lasciato San Paolo di Civitate per far rientro in città. I compaesani stanno pian piano ritornando alla loro routine quotidiana. La calura estiva lascia il posto a temperature più miti e le foglie si preparano a cadere.
Con l’inizio dell’autunno come sarà ricordata questa estate sanpaolese 2021? Sarà di certo ricordata come l’anno della ricollocazione in piazza Aldo Moro della restaurata Fontana Petrucci, anzi, per essere precisi, della Monumentale Fontana Del Petrucci, con tutte le iniziali maiuscole qualora non fosse abbastanza chiaro il concetto di monumentalità. Una Fontana che dal 1950, anno della sua inaugurazione, ha caratterizzato per circa trent’anni lo spazio centrale della piazza sanpaolese. Ad adornare questa Monumentale Fontana c’è una statua bronzea di un nudo femminile bagnata dall’acqua che fuoriesce dalla bocca dei tre pesci posti sulle tre colonne in pietra. Va detto che la statua è opera dello scultore Nicola Schiavone che ha apportato un cambiamento radicale rispetto ai disegni originali del progetto petrucciano.
La vulgata sanpaolese narra che la musa ispiratrice di questa statua fosse stata una cameriera di casa Petrucci di nome Claretta. Non so quanto sia fondata questa notizia, ma in paese tutti la raccontano così, tanto che la statua è conosciuta con il nome di “Claretta”.
Ebbene, rivedere questa statua nel centro della piazza ha subito richiamato alla mia memoria i ricordi di estati in cui la piazza era piena di persone, di allegria e di voglia di stare insieme e penso: che bello, dopo le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, finalmente il paese, grazie a “Claretta”, potrà riunirsi attorno a uno dei suoi simboli urbanistici e assistere a eventi, spettacoli e concerti, sempre nel rispetto delle misure precauzionali. Chiedo alla mia cara amica Antonella, sempre molto informata sulle iniziative locali, se l’Amministrazione comunale ha organizzato degli eventi culturali per dare lustro all’intervento urbanistico. La risposta con mio grande rammarico è negativa. Nulla. Oltre alla serata dell’inaugurazione, nulla.
Povera “Claretta”, dimenticata per anni in angoli nascosti, ora che ritorna in piazza la lasciano sola! Sola come i numeri primi che sono divisibili solo per sé stessi, ossia che non hanno relazioni con altri se non con sé stessi. Un’occasione mancata per il paese e per l’indotto che avrebbe messo in moto un ciclo di iniziative dedicate alla Fontana. Ma sono certa che l’Amministrazione comunale saprà mettere in campo azioni culturali degne di nota che portino a San Paolo di Civitate visitatori e turismo di qualità, generando così vantaggi anche per l’economia locale.
Sono anche convinta che “Claretta” possa essere una grande opportunità di futuro per un Comune piccolo come il nostro che soffre dell’atavico problema delle casse comunali perennemente vuote e della mancanza di opportunità per le giovani generazioni che sono costrette a lasciare il loro luogo d’origine per realizzare le loro aspirazioni altrove. E con mancanza di opportunità intendo tante cose. Ma d’estate magicamente si ricomincia a sperare che tutto possa cambiare. Che il vento caldo possa portare quel cambiamento ogni anno auspicato. E anche quest’anno abbiamo sperato che qualcosa di nuovo potesse arrivare. In effetti, oltre al vento caldo, si sentiva un certo brusio provenire da piazza Aldo Moro, pareva annunciare una stagione di rinascita, di colori e di luce, ma era un brusio fine a sé stesso, non annunciava nulla. E così “Claretta” è rimasta sola tutta l’estate, forse qualche turista ha fatto un selfie da postare sui social, ma nulla di più. E pensare che l’architetto Petrucci aveva immaginato la sua opera anche come un posto in cui la gente si poteva dare appuntamento per chiacchierare, scambiarsi notizie, appianare controversie, discutere di questioni politiche o negoziare accordi, insomma un luogo d’incontro privilegiato della comunità e, aggiungerei, anche identificativo del paese. Com’è possibile che agli amministratori e alle amministratrici sia sfuggito questo dettaglio?
Eppure basta sfogliare un buon libro d’arte per leggere che una fontana può funzionare soltanto se, assieme alla restituzione funzionale e architettonico-urbanistica, si realizza la sua restituzione sociale, se cioè acquista nuovamente l’attenzione dei cittadini e delle cittadine tramite buone prassi culturali messe in campo dalla pubblica amministrazione in alleanza con gli enti del terzo settore. Capisco che questo non è un compito facile. La programmazione culturale esige competenze e conoscenze specifiche, ma spesso gli assessorati al Turismo e alla Cultura non hanno le risorse sufficienti per rispondere a queste istanze. Eppure il paese è pieno di talenti, di associazioni che svolgono un’opera di presidio e cura del territorio, che si fanno portatori di cultura, saperi e tradizioni, oltre che fucine di sperimentazione e fattori di coesione sociale. Una costellazione solo apparentemente minore, ma che brilla per la straordinaria vivacità creativa e progettuale.
Poi mi sono chiesta, ma cosa rappresenta per San Paolo di Civitate la Fontana Monumentale del Petrucci? Un mero recupero d’arredo urbano, un simbolo d’innovazione, un volano economico-culturale? Per saperne di più ho digitato il nome della fontana sul browser di ricerca. Con rammarico mi sono accorta che non ci sono molte notizie o rassegna stampa dedicate alla Fontana e alla sua inaugurazione se non qualche nota scarna e mal scritta su alcune piattaforme social. Ad essere onesti c’è qualcosa, c’è un sito web interamente dedicato alla Fontana, peccato che la veste grafica, leggermente âgée, le immagini sgranate e di bassa qualità invitino poco alla “navigazione” dei contenuti che invece sono abbondantissimi, seppur alcuni copiati dal sito della Treccani alla voce Dizionario biografico degli italiani (2015). Insomma qualcosa è stato fatto, ma “Claretta” merita di più, molto di più. Merita un’attenzione speciale e di qualità, perché Concezio Petrucci, il suo autore, è stato uno degli architetti più importanti del suo tempo, conosciuto come l’architetto delle «Città nuove», ha preso parte alla straordinaria esperienza della rinascita dell’architettura italiana.
Firmatario del RAMI (Raggruppamento Architetti Moderni Italiani), Petrucci intendeva conciliare la tradizione classica italiana con l’innovazione razionalista del MIAR (Movimento Italiano Architettura Razionalista), cercando nuove idee per creare un senso logico e al tempo stesso suggestivo dell’ambiente urbano. Ora, al di là della sua appartenenza ideologica al regime fascista, Petrucci ha saputo costruire un suo modo originale di intendere la modernità, una modernità che affonda le radici nel passato e si volge al futuro con un profondo senso di continuità. Ed è proprio quel senso di continuità che dobbiamo coltivare, per vivere il passato non come un locus amoenus, ma come un ponte per un futuro prossimo possibile. Se non lo facciamo rischiamo di trasformare la solitudine di “Claretta” nella solitudine di tutti noi.
Diventa dunque di vitale importanza saper attuare strategie culturali adeguate per non lasciare sola “Claretta” ora che si avvicina la stagione fredda. Perché è soprattutto d’inverno che i fantasmi si fanno sentire, quando c’è una finestra che sbatte dentro qualche casa disabitata. E nel silenzio delle strade deserte, il vento, questa volta, potrebbe trasformarsi nella voce dell’assenza.
Buon caffè, per un autunno accogliente e in compagnia!