Da anni i piccoli paesi si sono allontanati dalla loro storia, recente e anche lontana, vegetando in un presente che non ricorda e non progetta.
Questa perdita, lenta ma progressiva, di identità si materializza in progetti economici, culturali e ambientali che nulla hanno a che vedere con la specificità del luogo. Eppure dagli ultimi studi di settore emerge che in Italia i piccoli comuni con meno di 10.000 abitanti, vale a dire l’85% dei comuni italiani, custodiscano un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere. Luoghi che, per la loro peculiare configurazione urbanistica, possono ancora coniugare storia, cultura e saperi tradizionali con le nuove tecnologie e la green economy.
Ma allora, a cosa si deve questa contraddizione?
Forse alla mancanza di una visione d’insieme? A politiche culturali sciatte e prive di criterio? O al pensiero dominante che continua a fare breccia nell’opinione pubblica di recidere ogni radice in nome di una globalizzazione alienante?
Non è facile trovare risposte esatte, ma di sicuro le politiche culturali in alcuni piccoli comuni sono spesso l’ultima ruota del carro amministrativo, spesso affidate ad assessori che dimostrano poca dimestichezza con queste questioni.
Ebbene, in questo contesto come si inserisce il comune di San Paolo di Civitate? Un luogo senz’altro di valore per quanto riguarda le politiche agricole, industriali e commerciali messe in atto fino a oggi. Infatti il comparto agricolo sanpaolese vanta pure coltivazioni biologiche, vitigni autoctoni e uliveti secolari. Negli ultimi anni, tale comparto si distingue anche per aver saputo investire in nuove coltivazioni e lavorazioni di ortaggi di maggior pregio come gli asparagi e i funghi; senza dimenticare la consolidata industria casearia.
Quindi, viste e considerate le peculiarità del suo territorio, San Paolo di Civitate potrebbe lanciare una sfida di riqualificazione culturale e diventare una sorta di presidio territoriale dove sperimentare nuove risorse e nuove potenzialità anche nel comparto culturale.
La cultura è una funzione centrale dell’essere umano, che si interpone tra noi e la vita ordinaria. Il comune di San Paolo di Civitate, dunque, può proporsi come un luogo di valore, un punto da dove cominciare a ricucire l’abito mentale lacerato dell’Italia, intrecciando lo sviluppo produttivo ordinario con lo sviluppo umano straordinario, fatto di istruzione, ricerca, cultura, comunicazione e produttività creativa. Bisogna, dunque, che San Paolo di Civitate riprenda ad applicare le buone pratiche, quelle che permettono non solo ai piccoli comuni ma a tutta l’Italia di ridiventare l’epicentro di pensieri e di opere di valore universale e scongiurare così la desertificazione culturale che la diminuzione dei finanziamenti agli enti locali rischia di determinare, soprattutto nelle piccole comunità.
Bisogna che San Paolo di Civitate sappia offrire nuove chiavi di lettura, di interpretazione e di fruizione dello straordinario patrimonio storico, culturale, ambientale, enogastronomico che lo caratterizza.
Sarebbe auspicabile, quindi, che partendo dai punti di forza e dalle esperienze positive realizzate, San Paolo di Civitate sappia individuare, organizzare e promuovere progetti culturali ed educativi ad ampio raggio con i quali valorizzare e proiettare su scala nazionale e internazionale la potenzialità creativa del suo territorio. Attraverso un modello sistemico, aperto e permeabile, San Paolo di Civitate può fare della cultura un agente socializzatore, uno strumento facilitatore di futuro, in modo da dilatare gli orizzonti culturali e stimolare sfere emozionali che danno luogo a nuove forme di motivazione e di identificazione con le culture altre. In definitiva, si tratta di promuovere un progetto di bonifica culturale che sappia incoraggiare anche l’idea di interculturalità. Valorizzare il proprio territorio è compito di noi tutti.
E questa non è che una premessa.