Fernando MARTELLA – Il Primo Amore

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Il primo amorecuore

 

Quel giorno d’aprile che ti portai

con me sulla lambretta all’arenile,

il litorale che costeggiava il fiume,

fu allora, che smisi d’essere bambino.

 

La corsa sulla rena inumidita

con la risacca che mugge di lontano

e la camicia che sembrava un velo,

sul mio cuore che ti batteva in mano.

 

E tu, col vestitino di cotone

che non bastava più al tuo corpo di donna;

la camicetta bianca a fiorellini

sulla tua gonna blu plissettata.

 

Correvi sulla spiaggia, Dio che giornata!

Io ti guardavo da un oblò nel tempo

come ti guardo tutt’ora dal passato,

eri la prima rondine, non fu mai primavera.

 

Con sofferenza ricordo il tuo sorriso

il tuo profumo non l’ho mai scordato

rivedo il tuo viso ogni momento,

dentro quei cirri che danzano nel cielo,

 

Lontano un rumore di risacca

accompagna tutt’ora il mio presente,

da quel giorno sulla foce del Fortore,

é la tua voce smarrita dentro il vento.

 

A volte, seduto sulla soglia,

mentre guardo le nuvole nel cielo

il mio pensiero solleva via quel velo

e tu compari come una Morgana.

 

Ora non so chi sei, dov’è che vivi

5 Commenti

  1. Non ne comprendo il motivo, ma nella versione pubblicata sopra la mia poesia é incompleta. Ecco questa è la versione integrale

    Il primo amore

    Quel giorno d’aprile che ti portai
    con me sulla lambretta all’arenile,
    il litorale che costeggiava il fiume,
    fu allora, che smisi d’essere bambino.

    La corsa sulla rena inumidita
    dalla risacca che mugge di lontano
    con la camicia che sembrava un velo
    sul mio cuore che ti batteva in mano.

    E tu, col vestitino di cotone
    che non bastava più al tuo corpo di donna;
    la camicetta bianca a fiorellini
    sulla tua gonna blu plissettata.

    Correvi sulla spiaggia, Dio che giornata!
    Io ti guardavo da un oblò nel tempo
    come ti guardo tutt’ora dal passato,
    eri la prima rondine, non fu mai primavera.

    Con sofferenza ricordo il tuo sorriso
    il tuo profumo non l’ho mai scordato
    rivedo il tuo viso ogni momento,
    dentro quei cirri che danzano nel cielo,

    Lontano un rumore di risacca 
    accompagna tutt’ora il mio presente,
    da quel giorno sulla foce del Fortore,
    é la tua voce smarrita dentro il vento.

    A volte, seduto sulla soglia,
    mentre guardo le nuvole nel cielo
    il mio pensiero solleva via quel velo
    e tu compari come una Morgana.

    Ora non so chi sei, dov’è che vivi
    non so chi è che tiene la tua mano,
    so solo che se ti penso arrivi
    con il fiatone, corri da lontano.

    Non porti più la camicetta a fiori
    la gonna plissettata un po’ disfatta
    non l’avrai messa più, ormai da un pezzo
    forse da quando io lasciai la mia lambretta.

    Sta lì in garage come fosse in attesa 
    che qualche cosa la riporti in vita
    forse una gita, lungo un arenile,
    che torni una rondine, con un nuovo aprile.

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