Il primo libro di Fernando Martella ci riporta alla mente le radici di ognuno, dedicato a tutti i suoi compaesani e a tutti gli emigranti del mondo.
“… dalla tua cenere sparsa sul selciato, sono cresciuto o rami allora nati, si son diffuse in giro le tue spore, nascono querce e sono le tue parole”
Da questa opera abbiamo scelto per voi un bellissimo racconto molto significativo:
U nt’rten (L’intrattenimento)
“Comare Annina, ha detto mamma, mi puoi dare un poco di nt’rten da magiare col pane ?”
“Certo Fernando, siedi un momento sulla soglia, finisco di togliere al polvere e te lo do subito !”
A quell’epoca dovevo avere all’incirca cinque anni, abitavamo in contrada sammarcuc, in una di quelle case tipiche di San Paolo di Civitate, monolocale ad un piano terra con i coppi sul tetto fatto a volta.
La comare invece abitava in contrada San Nicola, il quartiere più antico del paese. Era quasi coetanea di mia madre ed erano diventate comari perché si erano sposate due giovani amici immigrati a San Paolo da Ischitella, un piccolo e remoto paese del Gargano.
A quell’epoca, noi bambini, scorrazzavamo per le strade in terra battuta del quartiere, dalle prime luci dell’alba, spingendoci poi a giocare fino nel boschetto della “Signorina”, appena fuori dalle case sulla strada del basso galletti (basc jalluc), difronte al mattatoio del paese.
Quel bosco era un paradiso per i giochi e dopo aver corso intorno alle vecchie querce ed esserci arrampicati sopra e per delle ore, ci precipitavamo sfatti dalle mamme a reclamare cibo.
Non c’era molto da mangiare allora nelle case dei braccianti, in alcune di esse il pane veniva messo nei posti più in alto affinché i piccoli non potessero prenderlo da se, non che fossimo particolarmente poveri noialtri e comunque, quella situazione era così largamente comune che era semplicemente normale e basta, le merendine e le mille cose che iper nutriscono i bambini di oggi erano di la da venire, insieme al progresso, al benessere e all’anoressia o all’obesità così drammaticamente diffuse oggi.
Una fetta di pane pugliese fatto in casa, con un filo d’olio d’oliva, era spesso tutto ciò che si riusciva ad ottenere.
Mia madre mi aveva dato una fetta di pane enorme, ma in quanto a companatico niente e questa sua offerta del nt’rtén della comare mi sembrava una buona uscita.
Ormai ero seduto su quella soglia di pietra davanti alla porta (u s-gghier) da parecchio tempo e di companatico non se ne vedeva arrivare neanche l’ombra.
“Comare Annina…allora… ‘stu nt’rten ? …”
“ Arrivo cumparill…(piccolo compare), ancora due minuti e finisco di lavare il pavimento, poi te lo dò”.
Stare seduto su quella panca di pietra davanti a quella porta, con quell’aria tiepida primaverile, faceva quasi venire il sonno. Le strade di Sannnicola erano in ciottolato di pietra, strette e curve, arrotolate su se stesse ad impedire che la bora invernale le raffreddasse, le case basse facevano entrare il sole dalle prime luci dell’alba fino a tarda sera.
Questo tepore faceva si che nei vasi, davanti all’uscio o appesi ai muri, in cui le donne coltivavano i fiori o le piante aromatiche per la cucina, le piante venivano su così verdi, piene di fiori e belle che a guardarle ci si convinceva che le donne di quel piccolo quartiere fossero dotate di un pollice verde miracoloso.
In quell’aria così serena, un piccolo affamato com’ero io, faceva in fretta a dimenticare un companatico che non arrivava e, senza accorgermene, cominciai a sbocconcellare controvoglia il pane asciutto.
Mi accorsi che l’avevo finito e che mi stavo quasi addormentando, mi alzai e salutai la padrona di casa: “Comare Annina, io me ne vado… ho finito il pane ed il companatico non mi serve più, grazie lo stesso…”
“ Beh.. mi dispiace Fernà… ma ho avuto molto da fare… però ora avevo quasi finito i lavori e stavo per portartelo, ma va bene così… salutami mamma e torna pure quando vuoi… un po’ di nt’rten qui lo trovi sempre…”
“Grazie… arrivederci… “ tornai a casa.
Mi era rimasta in testa quella frase “… un po’ di nt’rten qui lo trovi sempre…” ma non mi aveva mica dato niente !
Avevo solo perso tempo seduto su quella soglia davanti a quella porta, avevo mangiato pane e pane e mi aveva tediato con quelle sue chiacchiere sulle pulizie di casa ed altre amenità !
Mi sono sentito preso in giro per molti anni da quella comare, fin quando, da più grande, non ho capito che quella mattina avevo mangiato pane e tempo, perdita di tempo intrattenimento puto, u nt’rten, gran companatico per un cucciolo d’uomo affamato, vittima della complicità di due comari !